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Responsabilità dell’insegnante e dell’istituto scolastico: il MIUR paga i danni

di Marco Mella - Avvocato in Brescia


“In tema di responsabilità degli insegnanti di scuole statali, l’art. 61 comma 2 l. 11 luglio 1980 n. 312 – nel prevedere la sostituzione dell’Amministrazione, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi – esclude in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni di risarcimento danni da culpa in vigilando, quale che sia il titolo – contrattuale o extracontrattuale – dell’azione. Ne deriva, pertanto, che l’insegnante è privo di legittimazione passiva non solo nel caso di responsabilità extracontrattuale […] ma anche in ipotesi di danni arrecati dall’allievo a se stesso” (Tribunale di Genova, sentenza del 19 giugno 2019)

La sentenza in commento giunge all’esito di un giudizio instaurato da un'alunna nei confronti del MIUR e dell’Istituto Scolastico a cui era iscritta per il risarcimento dei danni patiti dalla stessa a causa del comportamento negligente tenuto dall’insegnante.

In particolare, nel caso oggetto della pronuncia in esame l’alunna durante un compito in classe chiedeva alla propria insegnante di andare in bagno a causa di un improvviso malessere. L’insegnante avvisava l’alunna che, nel caso in cui fosse andata in bagno, avrebbe dovuto restituire il compito. L’alunna, pertanto, attendeva una ventina di minuti dopodiché, non potendo resistere ulteriormente, specificava all’insegnante di sentirsi molto male consegnandole il compito e chiedendole nuovamente di andare in bagno. L’insegnante, nonostante fosse stata avvisata del malessere dell’alunna, le ritirava il compito e le consentiva di uscire dalla classe per dirigersi verso i servizi. Non appena uscita dalla classe, tuttavia, l’alunna perdeva i sensi e cadeva violentemente a terra, procurandosi un trauma facciale con frattura scomposta del condilo mandibolare sinistro. L'alunna veniva, quindi, soccorsa dal personale scolastico e trasportata al pronto soccorso più vicino.

Divenuta maggiorenne, l’alunna decideva di citare in giudizio l’istituto scolastico nonché il MIUR per chiedere il risarcimento di tutti i danni patiti a seguito dell’evento.

Chiarite le circostanze fattuali, prima di esaminare l’esito del predetto giudizio, è opportuno compiere un breve richiamo alla normativa di riferimento e agli orientamenti giurisprudenziali espressi sul tema.

La responsabilità degli insegnanti per danno cagionato dall’alunno a terzi.

Secondo quanto previsto dall’art. 2048 co. 2 c.c., “I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”.

La norma in commento stabilisce una presunzione di responsabilità in capo agli insegnanti per tutti i danni che l’alunno arreca a terzi durante il periodo in cui lo stesso è affidato al precettore. Tale responsabilità si fonda su un’omessa vigilanza (c.d. culpa in vigilando) che, secondo giurisprudenza costante, deve essere valutata in relazione all’età degli alunni ed al loro grado di maturazione. Sicché il dovere di vigilanza per gli insegnanti delle scuole elementari, dovrà ritenersi più rigoroso rispetto a quello richiesto nelle scuole superiori.

La suddetta norma deve essere letta, inoltre, in combinato disposto con l’art. 2047 c.c. che fonda la responsabilità dei genitori per culpa in educando. Tant’è vero che può darsi il caso in cui si verifichi un concorso di responsabilità dell’insegnante (per culpa in vigilando) e del genitore (per culpa in educando) nei casi in cui l’illecito del minore sia causalmente riconducibile ad un’omessa vigilanza e ad una carente educazione (Cass. 12501/2000).

In ogni caso, presupposto imprescindibile della responsabilità in esame è la prova dell’affidamento dell’alunno al precettore. Sicché il danneggiato che intende agire per il risarcimento del danno nei confronti dell’insegnante sarà tenuto a dimostrare che il fatto si è verificato nel tempo in cui il minore è stato affidato all’Istituto Scolastico.

Per ciò che concerne la prova liberatoria, l’ultimo comma dell’art. 2048 c.c. prevede espressamente che l’insegnate andrà esente da responsabilità nell’ipotesi in cui lo stesso provi di “non aver potuto impedire il fatto”.

Per essere esente da responsabilità, quindi, l’insegnante dovrà dimostrare di avere esercitato la vigilanza nella misura dovuta (il che presuppone anche l’adozione, in via preventiva, delle misure organizzative idonee ad evitare una situazione di pericolo) e dovrà inoltre fornire la prova dell’imprevedibilità e repentinità, in concreto, dell’azione dannosa (Cass. 30602/2018; Cass. 5668/2001).

La responsabilità degli insegnanti per i danni che l’alunno cagiona a sé stesso.

Si è discusso in passato circa l’applicazione dell’art. 2048 c.c. non solo all’ipotesi in cui il danno sia stato cagionato dall’alunno a terzi ma anche in quella in cui sia l’alunno ad essersi auto-cagionato il danno.

La soluzione a cui è approdata la giurisprudenza di legittimità – con sentenza S.U. n. 9346/2002 – esclude espressamente che la norma richiamata possa applicarsi in quest’ultima ipotesi per almeno tre ordini di motivi:

1- il dato letterale: l’art. 2048 co. 2 c.c. parla di “fatto illecito” dell’allievo presupponendo un fatto obiettivamente antigiuridico lesivo di un terzo;

2- l’eccezionalità dell’art. 2048 c.c. rispetto all’art. 2043 c.c. che ne impedisce l’applicazione estensiva a casi non previsti. L’art. 2048, infatti, costituisce norma di “propagazione” della responsabilità, in quanto chiama a rispondere i precettori del fatto illecito cagionato dai minori a terzi;

3- il fatto che la stessa giurisprudenza di legittimità, pronunciandosi sull’art. 2047 c.c., aveva già espressamente escluso l’applicazione di detta norma all’ipotesi di danno auto-cagionato dal minore. E poiché le norme dettate dagli artt. 2047 e 2048 c.c. si differenziano soltanto in relazione o meno all’esistenza o meno della capacità di intendere o di volere del minore, non v’è ragione di giungere ad una diversa soluzione al problema di danno auto-cagionato dall’alunno.

Secondo le Sezioni Unite, nell’ipotesi di danno auto-cagionato dall’allievo, è più corretto ricondurre la responsabilità dell’insegnante e dell’istituto scolastico non all’interno dell’alveo della responsabilità extracontrattuale bensì in quello della responsabilità contrattuale.

In particolare, la Suprema Corte sottolinea come a seguito dell’iscrizione dell’alunno all’istituto scolastico, viene in essere un vero e proprio rapporto contrattuale avente ad oggetto non solo la cura della sua istruzione ma anche la vigilanza e la cura della sua incolumità nel tempo in cui lo stesso usufruisce della prestazione scolastica. Di talché deve ritenersi che l’istituto scolastico sia contrattualmente responsabile dei danni che l’alunno cagiona a sé stesso nel periodo in cui lo stesso si trova presso l’istituto scolastico.

La fonte della responsabilità contrattuale dell’insegnante, invece, è stata ravvisata nel “contatto sociale”, ossia in quel rapporto giuridico nell’ambito del quale il precettore assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona.

Secondo tale tesi, pertanto, sia in riferimento all’istituto scolastico che in riferimento all’insegnante troveranno applicazione le norme sulle obbligazioni contrattuali, ivi compreso l’art. 1218 c.c. con la naturale conseguenza che sarà onere dell’insegnante provare ( secondo lo schema dell’art. 1218 c.c. essendo egli debitore della prestazione di vigilare che si asserisce inadempiuta) che l’inadempimento non c’è stato oppure l’assenza di colpa.

Nella sostanza, dunque, si è pervenuti ad un risultato non dissimile a quello che si sarebbe ottenuto applicando l’art. 2048 c.c. anche se, è bene precisare, non mancano alcune differenze pratico-applicative. Il termine prescrizionale per la richiesta danni, infatti, non sarà di 5 anni, come previsto dall’art. 2947 c.c. per le ipotesi di responsabilità extracontrattuale, bensì di 10 anni ex art. 2946 c.c. Inoltre, trattandosi di responsabilità contrattuale, troverà applicazione l’art 1225 c.c. con conseguente limitazione del risarcimento al solo danno prevedibile in ipotesi di inadempimento non doloso.

Sulla legittimazione passiva del MIUR.

Le stessa pronuncia sopra richiamata precisa, inoltre, che a prescindere dalla qualificazione giuridica della responsabilità, non solo nell’ipotesi prevista dall’art. 2048 c.c. ma anche in quella di danno auto-cagionato dall’alunno trova applicazione l’art. 61 co. 2 L. 312/1980. Tale norma esclude per gli insegnanti dipendenti pubblici la possibilità che essi siano convenuti direttamente in giudizio, attribuendo la legittimazione passiva al solo Ministero dell’Istruzione, limitando la loro personale responsabilità, che il MIUR faccia valere in via di regresso, ai soli casi di dolo o colpa grave.

Così anche in riferimenti agli istituti scolastici statali i quali, pur avendo autonoma personalità giuridica, restano organi del Ministero dell’Istruzione a cui vanno attribuiti, in ultimo, gli effetti dei loro atti sia sotto il profilo del rapporto di servizio del personale che sotto quello della responsabilità per fatti illeciti imputabili al personale stesso (Cass. n. 19158/2012).

La decisione del Tribunale di Genova.

All’esito del giudizio conclusosi con la pronuncia in commento, il Giudice, in via preliminare, rifacendosi alla pronuncia delle Sezioni Unite sopra richiamata, ribadisce la natura contrattuale delle responsabilità posta in capo all’insegnante e all’Istituto Scolastico.

Nel merito, lo stesso Giudice dichiara accertata, sulla base delle risultanze istruttorie, la responsabilità dell’insegnante per culpa in vigilando non avendo la stessa garantito la presenza di un accompagnatore all’alunna che si trovava visibilmente in uno stato di malessere al momento della richiesta di utilizzare i servizi. A nulla rilevando il rilievo secondo cui l’insegnante non avrebbe potuto lasciare momentaneamente la classe per garantire la regolarità della prova in corso. Detto interesse, scrive il Giudice, contrasta, da un lato, “con la generale autonomia che è legittimo attendersi da ragazzi frequentanti il terzo anno di un istituto di scuola secondaria e, dall’altro, con il superiore dovere di garantire l’incolumità fisica della minore”. La presenza di un accompagnatore (che deve qualificarsi come uno sforzo minimo di diligenza) avrebbe certamente evitato un urto tanto traumatico all’alunna.

Ciò posto, il Tribunale di Genova, richiamato l’art. 61 co. 2 l. 312/1980 e ribadita la carenza di legittimazione passiva dell’insegnante nonché dell’Istituto Scolastico, condanna, in qualità di unico soggetto legittimato passivo, il MIUR al risarcimento di tutti i danni patiti dall'alunna con rifusione delle spese legali. Resta salva, beninteso, la possibilità del MIUR di rivalersi sull’Istituto Scolastico e sull’insegnante nell’ipotesi di colpa grave di quest'ultima.


 

Riferimenti bibliografici

- Chinè Giuseppe – Fratini Marco – Zoppini Andrea [2016], Manuale di diritto civile. Roma, Nel Diritto Editore;

- Gazzoni Francesco, [1987] Manuale diritto privato. Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane s.p.a., 2015.

- Paladini Mauro – Renda Andrea – Minussi Daniele [2019], Manuale di diritto civile. Milano, Giuffrè Francis Lefebvre.

- Wolter Kluwer Italia, Quotidiano giuridico del 29.07.2019

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